Benvenuti nel gusto…libero!

Finalmente ho acquistato il mio primo computer. Detta così sembra una banalità enorme nell’epoca del super extra digitale, ma se teniamo conto che ho più  di sessant’anni ed il mio unico approccio con la tecnologia è stato fino ad ora l’uso della lavatrice, del forno, del primo Bimby e di un vecchio Iphone del quale, se chiedo nei negozi specializzati una nuova cover, mi guardano con occhi pieni di compassione è stato veramente un passo da sbarco sulla luna (tra l’altro l’ho visto in diretta nel 1969). Fatta questa premessa vorrei parlare del momento dell’acquisto. Ho avuto innanzitutto una fortuna incredibile trovando un addetto alle vendite gentilissimo, una vera merce rara. Ma come chiedere di un oggetto del quale non conosci nulla? Mentre percorrevo la strada da casa mia a Pisa ho avuto l’illuminazione. “Mi scusi vorrei un computer poco costoso massimo 300€, che sia facilissimo da capire e che lei comprerebbe alla sua mamma”. Detto e fatto l’acquisto. Eccoci a casa a togliere dalla scatola la mia testata nucleare! Da questo momento in poi posso immaginare i vostri sorrisi sornioni. Ora ti ci voglio….

Ma qui arriva la Cavalleria (essere stati bambini all’epoca di Rintin Tin aiuta).

Mio marito, ovvero l’uomo che ha fatto della pazienza intesa nel giusto significato dell’arte del soffrire la sua filosofia di vita, prende l’oscuro oggetto e me lo configura. Penso debba essere una cosa importante ed essenziale.

Ci siamo! Iniziano le spiegazioni ed io ho intenzione di essere sincera. Quando non capisco lo dico e non farò sì con la testa come si fa al tecnico che ti installa la televisione e ti programma i canali per farlo andare via alla svelta.

Ora però veniamo alla domanda che nasce spontanea: perché l’ho comprato? Domanda più che lecita se si considera il fatto che, oltre aver perso il treno dell’informatica, non ho nessun tipo di social. Sono inesistente per Facebook, Instagram e tutta la miriade dei loro fratelli. Sinceramente avendo geneticamente una certa dose di vena asociale, mi sono fatta bastare quei due o tre amici che sanno perfettamente quanto odi gli auguri di Compleanno.

L’ho fatto perché ho sentito forte il bisogno di scrivere un diario e, per non essere proprio giurassica, ho deciso di farlo digitale.

Non mi sono mai nascosta dietro ad un dito e potrei sembrare la cinquecentomiliardesima persona che apre un blog. Può anche darsi ma quello che non voglio essere è una blogger, anche perché l’inglese per me è sempre stato un vestito stretto, anzi non mi entrava proprio, specialmente in testa.

Per farla breve, vorrei annotare, su questo diario digitale, esperienze che abbiano dentro di sé contenuti da poter condividere. Poi, mandando la modestia a prendere la palla dopo avergliela tirata, voglio dare un’espressione artistica alle mie passioni. Ed eccole le mie passioni: cibo e vino.

Ora per combattere subito la nausea da inflazione e saturazione dico subito che l’originalità non fa parte del mio quotidiano. Ci sono dei ristoratori che non vengono nemmeno a prendere la comanda tanto sanno già cosa ordino. Ma quello di cui voglio scrivere sono le esperienze belle come una buona cena o un buon pranzo, quelle cose che ti avvolgono in una bolla di benessere come in una spa del gusto.

Cibo e vino legati insieme, anzi siamo un po’ più professionali, abbinati insieme, come due ballerini sulle note del valzer “Sul Bel Danubio Blu” al concerto di Capodanno.

Inoltre, vorrei anche parlare di alcuni luoghi dove la mia esperienza gustativa ma anche visiva è stata superlativa, cito prima fra tutte l’Abbazia di Novacella e sarà proprio da questo viaggio che inizierà il mio diario.

Entriamo nei dettagli. Scriverò di cibo, non sarà mai una ricetta, ma il mio modo di cucinare dove sono abbastanza capace. Purtroppo, è la voglia di farlo che a volte latita. Sono come quegli alunni i cui genitori vanno al colloquio con gli insegnanti e si sentono dire: “il ragazzo… o la ragazza… sarebbe intelligente ma non si applica”. In effetti quando mio marito mi chiede se ho voglia di mangiare fuori ho già la borsa in mano.

Poi c’è lui il vino, mio grandissimo e indiscusso amore. So perfettamente che intorno a me ci sono eserciti di espertissimi e quindi dire qualcosa al riguardo mi terrorizza. Ma, dopo aver letto la recensione di un vino rosso su una rivista super extra chic dove il cosiddetto esperto asseriva di sentirci l’aroma di fiori bianchi pungenti e gli affibbiava l’aggettivo “sardonico”, mi sono detta buttati. Molto piano, come in un sussurro, devo confessare che sono Sommelier diplomata. Lo dico senza enfasi perché mi sono resa conto fin da subito che i Corsi fatti sono importanti, le basi, ma sono solo l’inizio di una storia d’amore. In pratica parlando del vino che accompagna il pasto scriverò qualcosa di più di “mi piace” o “non mi piace”, anche se credo che questa semplice distinzione sia già un grande passo.

La parola d’ordine nel costruire il viaggio è semplicità, una chiacchierata fra amici seduti comodamente sulle poltrone Acapulco (quelle fatte con fili di plastica) della mia terrazza.

Qualche appunto anche sui liquori. A me fa impazzire il Rum. Ora immaginiamo un sabato sera d’inverno freddo e piovoso, fine pasto due dita di Rum e un quadretto di cioccolata di Modica…..

Spazio anche ai cocktail e ai posti dove puoi fare un aperitivo che ti fa sparire quello che hai intorno e per qualche secondo pensi di trovarti in un bar di Manhattan (perlomeno quelli bellissimi che si vedono nelle serie di Netflix).

Ordine imperativo è che annoterò solo esperienze positive, che sono le mie, discutibili, criticabili ma… il gusto è libero e proprio questa libertà mi ha fornito l’ispirazione di chiamare questo mio diario IL GUSTO LIBERO.

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