La Sassa, Querceto, Canneto e Monteverdi

Visto che dell’Anticiclone Africano non abbiamo notizie e quello dell’Azzorre ha preferito come meta turistica l’Europa Settentrionale, l’estate fatica un po’ a iniziare perciò, invece che andare in spiaggia faremo una gita fuoriporta. Adoro adoperare questo termine perché, se lo andiamo a cercare sul vocabolario troviamo la definizione: “al di fuori delle porte della città…..dove iniziano i campi”, parola che sa tanto di cose che si fanno con piacere e divertimento. Il giugno molto piovoso di quest’anno, con basse temperature, mi ricorda quello della mia maturità.

Per fortuna (allora e solo allora) mi permise con tanta ansia ma con pochissima calura di ripassare, ma anche di esplorare orizzonti sconosciuti nella fattispecie delle pagine dei libri di testo, per conquistare almeno l’agognato traguardo del trentasei. Tornando alla gita, la scelta dell’itinerario cade su quattro piccoli borghi della Val di Cecina: La Sassa, Querceto, Canneto e Monteverdi. Proprio quest’ultimo risveglia la mia allenata e sempre vigile memoria emozionale, perché dei ricordi ne ho bisogno come dell’ossigeno. Mi tornano in mente i miei compagni del liceo che appunto vivevano quasi tutti a Monteverdi ed uno a Canneto. La nostra sezione era la D, negli anni (fortunatamente oggi non più) in cui le prime classi A, B e C, erano le migliori, con professori tutti di ruolo, nella mia si alternavano supplenti e supplenti dei supplenti…..una situazione un po’ sessantottina in ritardo. La classe era composta quasi tutta da ragazzi che provenivano dai comuni limitrofi alla sede che era a Cecina. Ho sempre pensato che i genitori dei due o tre autoctoni che si erano ritrovati nostri compagni si fossero dimenticati di andare dal Preside a protestare per farli ricongiungere con i loro amici. Ma non sono stata del tutto precisa, una Professoressa di ruolo c’era: quella di ginnastica delle femmine, ma la dimenticanza probabilmente è dovuta a un mio meccanismo di protezione in quanto con la sua severità mi terrorizzava. Trovavo miliardi di scuse per saltare quell’ora, svenimenti, crampi alla pancia, dolori improvvisi agli arti…..un sorta di pagliaccio Baraldi, magistralmente interpretato in tv da Fabio de Luigi.

Ma un giorno lei capì l’antifona e mi fece salire sul livello più alto della mia nemesi: il quadro svedese. Probabilmente ci sarei ancora se non mi avesse aiutato a scendere lui, il mito, la leggenda: il professore di ginnastica dei ragazzi. Lui mi aiutò come Tarzan aiutò Cita, avvinghiata alla liana, a scendere e salvarsi dalla pantera. Riconosco che il parallelismo è un po’ esagerato, ma per un’adolescente le prese di giro dei compagni graffiano l’autostima come gli artigli di un grosso felino. Il professore divenne il mio idolo e proprio con lui decidemmo insieme ai ragazzi di Monteverdi e Canneto più un mio compaesano, che sarebbe stata più utile come lezione andare a fare i funghi nella meravigliosa macchia del comune di Montecatini Val di Cecina. Il tripudio di porcini e lardaioli, le risate, la spensieratezza hanno reso indelebile il ricordo di quella giornata… ed i sapori ritornati alla memoria ci hanno fatto partire di buon mattino con entusiasmo, condiviso anche dal mio assistente che, quando si tratta di andare sui “suoi poggi” è l’uomo più felice della Terra.

La prima tappa è stata La Sassa, un piccolissimo borgo arroccato su Poggio al Pruno, immerso nei boschi ma che permette di ammirare anche un ampio tratto di mare, comprese alcune isole dell’Arcipelago Toscano e la splendida campagna circostante dove, a detta del mio esperto, San Pietro avrebbe trovato rifugio dalle persecuzioni dei Romani e lì gli sarebbe apparso il Signore che gli avrebbe rivolto la famosa frase: “Quo vadis?” e lo avrebbe esortato a recarsi a Roma dove sarebbe divenuto il primo Papa.

A conferma dell’incontro sarebbe rimasta l’impronta del piede di Cristo su una pietra, al margine della strada; purtroppo non sono riuscita a vederla. La Sassa è famosa anche per aver ospitato una famosa cena dove il mio assistente ha festeggiato la sua Laurea…

Abbiamo proseguito la nostra gita fuori porta alla volta di Querceto che, con il suo bellissimo castello, costruito per sorvegliare e difendere la via Cassia, ci trasporta in un mondo fuori dal tempo. Attualmente il castello è proprietà della Famiglia Ginori Lisci che lo ha trasformato in una piccola struttura ricettiva ed il borgo, che conserva inalterato il suo fascino, ospita una bella sorpresa, la Locanda del Sole. La gestione attuale coniuga piatti tipici toscani contaminati da sapori siciliani, questo grazie ai due gestori rispettivamente di Guardistallo lui e siciliana verace lei.

Giusto per il nostro pranzo domenicale la mia scelta è caduta su: pici al ragù di manzo al vino rosso con mandorle tostate ed a seguire stinco, di maiale alla birra con patate arrosto, mentre il mio aiutante non poteva esimersi dall’ordinare ravioli di ricotta, limone e menta al ragù bianco di “Agnello Pomarancino” e ristretto di mirto biologico con a seguire trippa.

Ci ha ha messo d’accordo il dessert… un gustosissimo cannolo siciliano. Con queste specialità abbiamo abbinato un “Castello Ginori” IGT Costa Toscana, blend a base Merlot, Cabernet Sauvignon, Syrah e Petit Verdot.

All’aspetto si presenta di un bel colore rosso porpora, brillante e concentrato. Il profumo esalta i sentori di frutta matura, ribes e mirtillo oltre a note speziate, mentolato e macchia mediterranea.  Al gusto si presenta caldo, verticale con una trama tannica equilibrata, sapido, con finale lungo e fresco. Giudizio sommelier: equilibrato. Per Alessandra: buono+. Ottimo anche il servizio, siamo stati accolti e seguiti da Francesco, un ragazzo molto giovane veramente gentile e simpatico.

Ben rifocillati ci siamo diretti a Canneto, praticamente anch’esso un paese/castello situato nella valle del torrente Sterza, lungo la strada che collega la Valdicecina con la Maremma. La caratteristica di questo borgo è quella di avere una pianta esattamente circolare. Il centro storico al cui interno si trova la Pieve di S.Lorenzo è costruito su un piccolo sperone roccioso circondato da terrazzamenti coltivati ed è percorso da due sole strade che disegnano un anello trapezoidale.

La conclusione della nostra gita, non poteva che essere, in omaggio ai miei vecchi compagni di liceo, Monteverdi Marittimo. Monteverdi è una piccola cittadina collinare nell’estremo sud della provincia di Pisa, a ridosso delle Colline Metallifere. Il nome riflette l’aspetto paesaggistico della zona, caratterizzato da una morfologia montuosa estremamente accidentata alternata a scorci panoramici mozzafiato.

Boschi di lecci, sugheri e castagni arricchiscono la bellezza di questo luogo. Il centro storico è attraversato dalle “rughe”, un fitto reticolo di vicoli che si aprono su piccole piazze e su altri scorci suggestivi. Ma Monteverdi è anche il paese dove è nato Fiorigi, il nonno del mio fido aiutante, è il paese dove c’era la bottega di Quirino dove i nostri genitori, quando eravamo piccoli, andavano a comperare stoffe a buon prezzo per farci i vestiti, ma soprattutto è il paese dei miei più cari amici delle superiori. Gli anni del liceo non sono i migliori o i peggiori della nostra vita ma sono fra quelli più veri. Capiterà che ci scorderemo tante delle nozioni studiate ma le lezioni di vita imparate sui banchi di scuola, quelle non si dimenticano mai.

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