Vorrei iniziare con un’espressione letteraria che era in voga durante il periodo della mia infanzia e adolescenza, ma con un pizzico di modernità: “Caro Diario….Digitale”. Mi sono presa una pausa per diventare Sommelier-Sommelier. Non è un errore di battitura; ho conseguito il terzo livello di questa qualifica anche in un’altra Associazione. Mi tolgo subito l’onere del confronto: sono tutte e due vere e proprie istituzioni di riferimento per il mondo enologico che tengono corsi molto validi e forniscono delle buone nozioni di base sul vino e sull’abbinamento con il cibo. Ho detto nozioni di base perché il Diploma non deve essere visto come un punto di arrivo ma di inizio. Occorrerà degustare e degustare ancora moltissimi vini di diversa qualità per imparare a distinguerli e possibilmente viaggiare per poterli assaggiare nel luogo di provenienza, occorre girare per cantine, parlare con i produttori, con la consapevolezza che non si finisce mai di imparare. Tutte e due le Associazioni forniscono il metodo per muovere i primi passi nella magia del vino, ma naturalmente il “il pezzo di carta” non fa diventare gli esperti dell’anno. Io stessa ho dovuto fare un grande bagno di umiltà. Ma di questo parlerò raccontando il mio recente esame. Se qualcuno mi chiedesse un consiglio sullo scegliere tra FISAR e AIS non ho una risposta precisa. Visto che si tratta di Associazioni dipende dalle persone che le compongono, dalle loro idee, dalla loro preparazione e dalle loro personalità. Nell’ultima mia esperienza però ho avuto modo di incontrare due persone che mi hanno positivamente colpito: il Presidente della Commissione d’Esame ed il Delegato del nostro territorio. Devo innanzitutto precisare che dopo aver conseguito il primo Diploma mi sono approcciata al secondo vivendo di rendita e di esperienza acquisita. Un giro di parole per dire che ho studiato poco o nulla ad eccezione dell’ultima settimana prima dell’esame… e svelerò il perché, tutto è connesso. Premetto anche che tutti gli esami che ho dato nel corso della mia vita, da quello di passaggio della seconda elementare alla terza (perché ai miei tempi si faceva pure quello) in poi, mi hanno lasciato un ricordo di velato traumatismo, specialmente quello della maturità che ricorre sempre negli agitati sogni del post abbuffata! Quando però ho affrontato l’orale dell’esame che mi avrebbe fatto conseguire per la seconda volta la qualifica di Sommelier mi sono trovata davanti al Commissario Ideale. Alle domande che mi poneva, di alcune delle quali sapevo poco, mi portava tramite il ragionamento alla risposta corretta con l’umanità e la professionalità dell’insegnante che non assume l’atteggiamento di chi dice “io sono qui in cattedra e tu sei in una posizione inferiore”. Ho percepito che il suo compito era condividere con me le sue conoscenze ed aiutarmi a capire, indipendentemente da quanto avevo studiato. Ma la magia arriva alla fine, dove poche sue parole mi restituiscono l’entusiasmo che avevo un po’ perso per strada: “Complimenti per la sua passione”. E si è riaccesa la voglia d’imparare. L’altra figura rilevante è stato il mio nuovo Delegato. Confesso subito che all’inizio mi stava un po’ antipatico, lo trovavo troppo impostato e distante. Niente di più falso. Persona di incredibile umanità ed immensa bravura nella conoscenza del vino in tutti i suoi aspetti, colui che è fisiologicamente adatto alla guida di una Delegazione di Sommelier. Avevo detto che ho iniziato a studiare una settimana prima dell’esame. Lo stimolo è stato il vedere il filmato di quando il Delegato diventa il terzo Sommelier d’Italia. All’improvviso sparisce tutta la mia fighettaggine nei confronti della conoscenza del vino e faccio un doppio tuffo carpiato nel mare dell’umiltà.
Un valore aggiunto è che il Delegato e il mio posto del cuore sono legati. Quando ho bisogno di rilassarmi passeggio per il Quartiere Venezia a Livorno. Il suo panorama ed il suo odore di salmastro mi isolano da tutto e da tutti e mi ritemprano. Venezia anche se non corrisponde all’originario centro della Livorno Medicea rappresenta il vero centro storico della città.
In realtà il suo vero nome è Venezia Nuova ed è il più suggestivo quartiere di Livorno, con i suoi canali i suoi ponti e ponticelli che danno proprio l’atmosfera della Serenissima. Venne realizzato agli inizi del Settecento come ampliamento della Fortezza Nuova per trasportare le merci tramite i canali o, come vengono chiamati dai livornesi, “Fossi” e la costruzione di eleganti palazzi i cui magazzini servivano per lo stoccaggio. Entri in Venezia, il mondo si ferma, respiri l’odore del mare e subito senti una calma interiore, una forza che ti invita a rallentare il ritmo del tuo tempo. Ma Venezia è anche cultura Enogastronomica… e qui entra in gioco il Delegato che proprio in quel quartiere, nello specifico sugli Scali Rosciano, è titolare di un Bistrot/Enoteca.
Per chi come me è appassionato di vini la “Cantina”, con le sue oltre 400 etichette, è un vero e proprio parco di divertimenti, un luogo dove si può degustare il vino valorizzandolo con un menù volutamente limitato a poche portate ma basato sull’altissima qualità dei prodotti, con particolare attenzione a quelli del territorio. Inoltre, parlare con Massimo ogni volta apre un mondo di conoscenza, cultura e passione sul vino
Gli abbinamenti sono in grado di regalare esperienze sensoriali fuori dal comune, come nel corso dell’ultima visita che il mio assistente ed io abbiamo fatto alla “Cantina di Massimo” dove ci siamo gustati una bottiglia di champagne a base di Pinot Meunier accompagnato da un ottimo tagliere di salumi e formaggi. Il doppio titolo mi obbliga ad esprimermi d’ora in poi con più precisione ed obiettività per cui dello champagne posso dire che: all’aspetto si presenta nella sua veste giallo paglierino dorata, brillante, illuminata da un perlage fine e persistente; stuzzica l’olfatto con la sua intensità e complessità data da sentori fiori bianchi, piacevoli note di frutta esotica, scorza d’arancia e, nel finale, di crosta di pane e pasticceria, chiudendo con una nota minerale gessosa. In bocca è fresco ed elegante, con un finale lungo, delicato, rotondo e con una leggera nota vegetale ed un’acidità più marcata rispetto ai Blanc de Noirs ottenuti da Pinot Nero. Per quanto riguarda il tagliere: la qualità e la quantità degli affettati non hanno uguali.
E’ sempre una bella esperienza perdersi in questo magico angolo di Livorno, che riscopro ogni volta e che mi fa amare questa città dove sono nata.