Siamo stati invitati ad un matrimonio in Salento, dove la bellezza dei luoghi si coniuga perfettamente ad un mare cristallino, a tradizioni secolari e ad una ricca cultura culinaria.

Il matrimonio in Puglia è un evento suggestivo e fa capire come in questa regione sia stato mantenuto intatto il legame indissolubile con i valori del passato. Basti pensare alla serenata che lo sposo fa alla futura moglie la sera prima della cerimonia. L’effetto sorpresa deve essere rispettato quindi progettato con largo anticipo e condiviso con parenti e amici. Il banchetto di nozze poi resta indelebile nella mente degli invitati, sia per la durata, una vera e propria maratona culinaria, sia per la genuinità dei cibi, perché in Puglia la cucina è così, semplice ed autentica. La pizzica poi occupa un posto speciale in questo evento pieno di tradizioni. Questa danza ha origini antiche nel Salento dove veniva associata ai rituali magici legati al tarantismo. A questo ballo veniva attribuito un significato terapeutico finalizzato a liberare le donne pizzicate dalla taranta attraverso una danza frenetica fino al loro sfinimento, pensando che questo fosse l’antidoto per contrastare il veleno iniettato dal ragno. Oggi nella sua versione moderna è diventata un ballo che celebra il divertimento, la felicità degli sposi, la libertà.

LUNEDI: MENO QUATTRO GIORNI AL MATRIMONIO…

Con la piccola utilitaria che il mio assistente è con fatica riuscito a noleggiare all’aeroporto di Brindisi, da buoni toscani ci siamo recati alla “Firenze del Sud”, la splendida città di Lecce.

Abbiamo deciso di visitare la città a piedi e ce la siamo veramente assaporata dal Castello di Carlo V al Duomo con sua piazza che è un vero e proprio museo a cielo aperto, a Piazza Sant’Oronzo ed a Porta Napoli che conduce direttamente al centro storico della città, un dedalo di vie con scorci che riservano belle sorprese ad ogni angolo.

Avendo accontentato l’assistente con la parte storico-culturale, ho deciso di assaporare alcune specialità leccesi e siamo andati in uno dei ristoranti più tipici della città: Angiulino. Appena entrati mi è sembrato di fare un tuffo negli anni settanta, in una tipica putea leccese dove ci si aspetta quasi di trovare gli avventori che tra una chiacchiera ed un bicchiere di vino giocano a carte.

Non potevamo perderci l’antipasto, in pratica un vero e proprio pranzo, con verdure grigliate e lesse, purea di patate, formaggi, fave e cicoria, polpette fritte.

Per non farci mancare niente abbiamo voluto assaggiare anche delle ottime orecchiette al caciocavallo. Il vino? “Maru” di Castello Monaci, un IGP Salento del 2021.

Un bel Negramaro che prende il nome da una parola che nel dialetto salentino significa “severo”, “scuro” per una certa austerità che il vitigno tende ad esprimere. Il colore è rosso rubino-granato, impenetrabile, il profumo intenso e armonico, caratterizzato da note di frutta rossa in confettura, macchia mediterranea, eucalipto e piccoli frutti neri. Al palato ha un sapore pieno, decisamente tannico, ma il tannino è elegante, sapido e vellutato, con una struttura rotonda e minerale. Una bella esperienza

MARTEDI: MENO TRE GIORNI AL MATRIMONIO

E’ bastata una telefonata al nostro Delegato per farci consigliare alcune cantine da visitare. Perché, citando quanto ho già scritto nel mio diario su La Venezia: …”occorre degustare e degustare ancora moltissimi vini di per imparare a distinguerli e possibilmente viaggiare per poterli assaggiare nel luogo di provenienza, girare per cantine, parlare con i produttori”…

Così ci siamo messi in viaggio con la nostra utilitaria e ci siamo diretti verso Guagnano, alle Tenute Cosimo Taurino. Dietro a questa azienda c’è una bellissima storia familiare. Cosimo, appassionato di vino e della sua terra, nel 1970 abbandona la professione di farmacista per prendere in mano la gestione delle tenute di famiglia dando vita ad una vera e propria rivoluzione imprenditoriale tanto che ad oggi il Dottor Taurino è considerato il pioniere del Negroamaro moderno e gli si deve gran parte di merito per l’affermazione nel mondo della Puglia vinicola. Oggi l’azienda è gestita dai figli e produce vini di ottima qualità.

Siamo stati accolti da un giovane enologo che ci ha guidati non solo a visitare la stupenda cantina, nella quale è allestito anche un museo del vino, ma anche ad una degustazione che ci ha visto in sequenza assaggiare tre dei prodotti di punta dell’azienda. Abbiamo iniziato con “I Sierri”, un bianco Salento IGT il cui nome deriva dall’omonima tenuta nella quale sono impiantati vitigni chardonnay dell’età media di 30 anni allevati a cordone speronato. All’aspetto presenta un colore giallo paglierino vivace con riflessi verdognoli. Al naso ha un profumo elegante e delicato che pur tuttavia rimane intenso, ricorda il melone e l’ananas con piacevoli sentori di biancospino.  Al palato ha un gusto armonico, secco, con una equilibrata acidità e lunghezza nel finale.

Abbiamo proseguito con “Scaloti”, un vino rosato 100% Negroamaro Salento IGT. Scaloti è il nome dalla Contrada in cui sono impiantati i vigneti di Negroamaro di circa 20-30 anni d’età, allevati ad alberello. Il colore è rosa cerasuolo brillante con riflessi cremisi. Il profumo è intenso con note di frutti rossi freschi, ciliegia e lampone e note floreali come rosa bianca e sentori di erbe aromatiche. Il gusto è rotondo ed armonico, con una giusta acidità ed un finale piacevole e fruttato.

Abbiamo concluso con “Tre fiii”. Un rosso 100% Susumaniello. Vino di un bel colore rosso rubino intenso con riflessi violacei. All’esame olfattivo si apprezzano frutti di bosco rossi, amarena, ribes, lampone ed anche prugna. Completano il bouquet note erbacee e spezie. Al palato è secco, caldo, morbido, complesso. I tannini sono morbidi. Un vino armonico ed equilibrato con buona persistenza e finale lungo. È la prima volta che degusto un vino da uve susumaniello e sono rimasta piacevolmente colpita.

Terminata la nostra prima esperienza ci siamo diretti vero Salice Salentino, alla volta delle Cantine Leone De Castris, un’azienda storica che esiste fin dal 1665, famosa soprattutto per essere stata la prima in Italia ad imbottigliare e commercializzare il vino rosato nel 1943. Proprio sul finire dell’ultima guerra, il generale Charles Poletti, commissario per gli approvvigionamenti delle forze alleate, chiese una grossa fornitura di vino rosato. Lo voleva Italiano ma dal nome rigorosamente americano. Nacque così il Five Roses, un vino che dopo oltre ottanta anni dalla sua nascita è il punto di riferimento dei rosati. Recentemente è stato scritto un libro: “Cinque Rose di Negroamaro”, che racconta la nascita avventurosa della storica etichetta ad opera dell’Avvocato Piero De Castris. Di questo vino ne abbiamo degustate ben due versioni: quella classica e quella anniversario, nata nel 1993 per festeggiare i 50 anni della nascita del rosato.

Il Five Roses Classico è di un bel colore fiore di pesco cristallino ed al naso presenta sentori fruttati di ciliegia e fragolina di bosco. In bocca è fresco, morbido e piacevolmente persistente.

L’etichetta Anniversario è un vino color fiore di pesco che sprigiona sentori di mirtillo e ribes rosso, accompagnati da delicate note floreali di rosa canina. Al palato risulta ricco di una fresca acidità, ottima struttura e finale fruttato e persistente.

Che altro… dico solo che il mio assistente è diventato un fan del Five Roses Club.

Ma l’azienda non è solo rosato ed abbiamo così degustato il Negroamaro “Elo Veni”, un 100% Negroamaro Salento IGT affinato in acciaio e bottiglia. Il colore è rosso brillante. Il profumo richiama note di frutta rossa matura, chiodi di garofano, pepe fresco, terra. Al palato è di medio corpo, succoso. Un tannino morbido fa da sfondo a un profumo intenso. Veramente buono dice la mia spalla.

Dopo una mattinata di degustazioni si è reso indispensabile andare a pranzo e, su consiglio della Signora Anna, la responsabile del punto vendita della De Castris, ci siamo diretti verso Porto Cesareo al ristorante Cosimino. Dire che è stata un’esperienza piacevole è sminuire l’accoglienza e la qualità del pesce freschissimo che ci è stato proposto, dal crudo a base di crostacei e tartare di gamberi al polpo ed al tonno, per non parlare delle linguine alla triglia, una vera specialità. Per non farsi mancare niente abbiamo accompagnato il pranzo con un Greco bianco dell’Azienda L’ Archetipo di Francesco Valentino Dibenedetto, che opera secondo i principi dell’agricoltura sinergica, un’evoluzione della biodinamica.

Il Greco presenta colore giallo paglierino, con riflessi dorati, note fruttate di mela verde, ananas, con sentori floreali ed una leggera sfumatura che richiama il miele. In bocca è molto fresco, caratterizzato da un retrogusto minerale, equilibrato. Un bell’abbinamento a conclusione di una bella giornata.

MERCOLEDI: MENO DUE GIORNI AL MATRIMONIO

Dopo la maratona enologica abbiamo deciso di dedicare una giornata ad Otranto, la città più a oriente d’Italia, il punto dove si incrociano il Mar Ionio ed il Mare Adriatico e dove l’acqua ha una trasparenza cristallina, la città degli 813 Martiri che non si arresero ai Turchi che volevano convertirli e dove nel 1997, per un tragico errore, persero la vita 81 profughi Albanesi.

L’antica cinta muraria è una macchina del tempo: porta in un luogo che non è passato e non è presente, dove gli scorci nascosti sono fatti di balconi fioriti, palazzi eleganti e vicoli nascosti.

Abbiamo necessariamente cambiato mezzo di locomozione noleggiando un Ape con autista che ci ha scorrazzato per tutta la mattinata permettendoci di vedere i tanti luoghi suggestivi della città: le buche dove si nascondevano i religiosi, il fiume Idro, che scorre anche sotto la città e che le ha dato il nome, il Castello Aragonese con ancora le palle di cannone infisse nelle sue mura, la Cattedrale. Abbiamo proseguito a piedi nel vecchio centro storico e finalmente ci siamo seduti al “Postofisso” un locale piccolissimo la cui specialità sono le pucce, il pane tipico del Salento.

Abbiamo mangiato una puccia di mare con polpo affumicato e marinato, pomodorini, puntarelle di cicoria e mozzarella fior di latte. Un panino si… ma da leccarsi i baffi, accompagnato da una Birra Raffo.

GIOVEDI: MENO UNO AL MATRIMONIO

Il mio assistente ha l’abitudine di accompagnare sempre gli eventi delle sue giornate con una sorta di sigla musicale e, nonostante non abbia proprio un talento per il canto, conosce tutte le canzoni. Al viaggio nel Salento ha immediatamente associato Al Bano e le sue canzoni e… visto che eravamo nelle vicinanze, nonostante cercassi di oppormi trovando mille scuse e mostrassi un entusiasmo pari a quando debbo mettermi a stirare, mi ha convinto ad andare a Cellino San Marco a visitare le Tenute Carrisi.

Devo dire che sia il villaggio/albergo diffuso del cantante che la cantina che la masseria dove abita sono veramente belle, immerse nel verde e confinanti con un bosco. Non so per quale strana coincidenza, appena arrivati abbiamo incontrato proprio lui, il Maestro Albano Carrisi che non solo si è fatto fotografare con l’assistente ma, una volta che ha saputo che rimanevamo a pranzo, si è fermato con noi. Debbo dire che si è dimostrata una persona molto piacevole e, nonostante i suoi ottanta anni passati, in ottima forma.

L’unica cosa che sono per fortuna riuscita ad impedire è che l’assistente cantasse una canzone duettando con il Maestro. Sono arrivati a salvare la situazione i maritati al pomodoro e cime di rapa ed il vino, che non poteva essere altro che il “Nostalgia” (nostalgia nostalgia canaglia… mi hai salvato), un Negroamaro Salento Rosso Igp 2016 di colore rubino brillante con leggeri riflessi arancio. Sentori di humus, viola, amarena e prugna, finale di tabacco e vaniglia. Morbido, di media struttura, fresco, con tannini di qualità. Albano se ne è tornato ai suoi impegni salutandoci con la frase: “Viva la Vita!”. e noi ce ne siamo tornati alla base… con l’assistente che mi ha cantato “Nel Sole”…..

VENERDI: GIORNO DEL MATRIMONIO

Francesca e Lorenzo si sono sposati. Bellissimi!

 

 

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