Per me il Chianti Classico rappresenta un forte, caldo abbraccio.
Ogni volta che porto in tavola una ribollita, il pollo alla cacciatora con olive nere oppure una bella grigliata di carne lui è sempre presente. Lo scelgo giovane quando devo accompagnare due vecchie ma fantastiche ricette: le braciole fritte e quelle arrotolate ripiene di uova sode e mortadella, poi “messe in umido”, ovvero fatte finire di cuocere nella salsa di pomodoro. Il Chianti è un vino magnifico, caldo ed al palato morbido come il velluto.
Lo amo anche perché è stato l’argomento che più avevo capito al corso per diventare Sommelier e su di lui sapevo tutto: la differenza fra Chianti e Chianti Classico, il Disciplinare, le Sottozone, le differenze tra i vari territori di produzione e le caratteristiche che i terreni davano al vino…..i nomi propri di tutti i produttori. Per questa ragione speravo che me lo chiedessero all’orale dell’esame finale perciò quando, dopo una prova di servizio a dir poco disastrosa, mi sedetti davanti alla commissione ed il docente iniziò la domanda dicendomi che saremmo andati in Toscana vidi una luce divina dall’alto. Questa però si spense subito al proseguo della domanda: “In quale zona della Toscana troviamo il Pinot Nero?”. La cosa che mi venne subito in mente fu la canzone di Alberto Sordi: “Te c’hanno mai mannato a quel paese”. Dopo attimi (per me ore) di silenzio, cercando di aiutarmi l’esaminatore mi disse: “Pensi da dove proviene il latte”. Dentro il mio cervello si palesò la Centrale di Livorno… Naturalmente dopo aver superato la vergogna per la figuraccia ho colmato la lacuna e devo dire che al Mugello producono dei Pinot Neri buonissimi.
Quello che preferisco vince anche il mio personale premio per la grafica dell’etichetta: è il “Ventisei” dell’Azienda Il Rio.
Tornando al Chianti Classico questa volta è mio marito che sente parlare di un castello dove possiamo degustare e alloggiare. Con la sua indole da uomo del rinascimento prenota un mini-soggiorno al Castello di Querceto, una delle più antiche dimore in quella culla del vino che si estende per quasi duecento ettari tra Firenze e Siena nel Comune di Greve in Chianti.
Questa volta il tecnico informatico riesce ad ottenere una partenza non all’alba ma ad un orario più consono ai suoi ritmi e quindi è in vena di chiacchiere e, mentre percorriamo l’imprunetana, mi racconta che in quelle zone sono ambientate le avventure del commissario Bordelli personaggio nato dalla fantasia dello scrittore fiorentino Marco Vichi. Il commissario ha come auto un vecchio maggiolino Volkswagen e, guarda caso, ne troviamo proprio uno come quello del libro posteggiato sulla strada. Le coincidenze non finiscono qui perché il castello di Querceto ed il suo proprietario, anche se con altri nomi, sono descritti con dovizia di particolari nel libro “Non tutto è perduto”.
Arriviamo al castello dove veniamo accolti da… uno stuolo di pavoni per la maggior parte albini che girano indisturbati per la proprietà e da Sofia, una ragazza molto gentile e preparata che ci fa da guida. La tenuta fin dalla fine dell’800 è di proprietà della Famiglia Francois che da iniziale residenza estiva l’ha trasformata in una delle più importanti realtà vinicole del Chianti Classico. Il nonno del Signor Alessandro è stato il primo in Toscana ad acquistare un trattore e la proprietà è l’unica ancora esistente tra le originali aziende fondatrici del Consorzio Chianti Classico.
Dalle mura abbracciamo con lo sguardo i ventisei vigneti di Querceto, tra i quali il più antico, “La Corte”, ha la forma di una bottiglia.
Scendiamo nel paese dei balocchi che è la cantina facendo prima una sosta nella vinsantaia e nella zona di produzione. Le bottiglie e le botti creano un effetto spettacolare ma le più interessanti sono quelle della collezione privata della famiglia, ordinatamente disposte su una scaffalatura in legno nell’angolo più remoto del sotterraneo che con la loro età (alcune hanno oltre cento anni) è come se ci facessero rivivere un pezzo di storia.
Dopo questo vero e proprio viaggio ci concediamo una degustazione di alcune delle etichette prodotte dal Castello.
Partiamo con il Querciolaia IGT Colli della Toscana centrale, un blend di Sangiovese e Cabernet Sauvignon di un bel colore rosso rubino molto intenso che all’olfatto fa percepire frutti rossi, prugna e leggere note erbacee ma anche legno e tabacco. I tannini non aggressivi lo rendono persistente e bilanciato. Per il Sommelier: Equilibrato. Per Alessandra: Buono!
Passiamo ad un Chianti Classico DOCG Gran Selezione, il Picchio. Si tratta di una cuvée di Sangiovese, Canaiolo e Colorino. Il colore è il solito bel rosso rubino ma quello che mi colpiscono sono i profumi intensi di viola, ciliegia e sottobosco. Il sapore fruttato è intenso con note di vaniglia e cioccolato. I tannini sono morbidi e vellutati ed in bocca è piacevolmente persistente. Per il Sommelier: grande struttura e rotondità, equilibrio, armonia e trama tannica fine. Per Alessandra: Un bel Chianti!
Non poteva mancare il vino della vigna più antica, La Corte con il suo IGT Colli della Toscana Centrale. L’uvaggio è un Sangiovese in purezza che si presenta con il tipico colore rosso rubino profondo. Al naso ha sentori di frutti rossi e note erbacee ma anche una leggera presenza di note balsamiche. In bocca, tannino è forte e maturo con una giusta acidità. Per il Sommelier: vino preciso, pulito, fresco ma anche un po’ austero. Per Alessandra Buono+.
Decidiamo di andare a “riflettere” sulla degustazione concedendoci un pranzo nel piccolissimo paesino di Dudda, poco distante dal Castello alla Trattoria Casa al Chianti, una “botteghina” a conduzione familiare che esiste da più di 70 anni. Questo luogo mi fa sentire subito aria di casa e d’infanzia, con i tavoli all’aperto sotto una tettoia, il tavolo leggermente traballante, il vino nelle caraffe da mezzo litro e nei quartini ed il proprietario che somiglia moltissimo a mio babbo Carlo.
Nella semplicità di questa trattoria mangiamo un antipasto di salumi di Greve e crostini veramente speciale con finocchiona, prosciutto, salame e…delizie da leccarsi i baffi. Per ghiottoneria ci concediamo un piatto di tagliatelle al ragù di chianina ed una trippa alla fiorentina e cosa più unica che rara vedo mio marito che fa “la scarpetta” con il pane fatto in casa.
Dopo questo tour de force mattutino, presi dai rimorsi come i coccodrilli, andiamo a smaltire facendo a piedi il giro della tenuta di Querceto e ci immergiamo in un quadro che sembra quello raffigurato sulle vecchie scatole delle matite Giotto, con vigne, oliveti, querce e cipressi a fare da linea di confine tra campi. Ma camminare in questo bellissimo paesaggio collinare stanca e decidiamo di riappropriarci dell’auto per andare a visitare Greve, il paese che è considerato “la porta” del Chianti, perché provenendo da Firenze è il primo Comune di questo fantastico territorio.
Appena arrivati facciamo il giro della piazza principale che ha una particolare forma triangolare con ai lati porticati nella quale una volta si teneva il mercato agricolo ed ora si affacciano enoteche, negozi, ristoranti. Mi viene fatto notare dal mio assistente che al centro c’è la statua del navigatore Giovanni da Verrazzano, primo scopritore della Baia di New York, che è stato sicuramente il cittadino più illustre di Greve… ovviamente questo ci spinge a prenotare la cena nel Ristorante Da Verrazzano che ha la particolarità di avere la sala da pranzo con una splendida vista sulla piazza.
Ci limitiamo ad un antipasto a base di crostini di fegatini e per secondo rostinciana (o meglio rosticciana) con patate al forno, il tutto accompagnato da un ottimo Chianti Classico Cennatoio Oro, un DOCG biologico, a base di Sangiovese con un 5% di Merlot. Il colore è il rosso rubino intenso del chianti, in questo caso con riflessi violacei per la lunga permanenza sulle bucce durante il processo di fermentazione. Al naso si avverte un intenso aroma di frutti rossi maturi come ciliegia amarasca e prugna, il gusto è forte, tannico che però si fa via via più morbido rilasciando in bocca sapori di ciliegia, mora ed amarena. Per il Sommelier: equilibrato. Per Alessandra: Buono!
Il mattino ci vede sulla via del ritorno e cerchiamo di fare attenzione perché è facile perdersi tra le curve dolci disegnate dai campi e le chiazze di colore che gli alberi e le vigne ci regalano in questo autunno, immersi nel fascino di questi luoghi che ci fanno stupire come se ritornassimo bambini.
Salvador Dalì, che avevo già citato per le sue bottiglie del Rosso Antico, diceva:
“Per fare un grande vino sono necessari: un folle per coltivare le viti, un saggio per sovrintendere, un poeta lucido per creare il vino, un innamorato per berlo”.
Nel Chianti sicuramente ho incontrato tutte queste persone…io sono l’innamorata.
Mentre stavo scrivendo questo articolo ho appreso che la cantina Antinori nel Chianti Classico si è classificata al 1°posto della World’s Best Vineyards 2022 che si è tenuta a Mendoza in Argentina. I miei complimenti per una vittoria veramente meritata che ha premiato stile, atmosfera qualità ed eleganza di un’eccellenza Toscana nel mondo.