Mauro, mio suocero, era un uomo di un’intelligenza geniale, dovuta alla sua grande curiosità e voglia di conoscere tanti campi della scienza come la medicina, l’elettrotecnica, la chimica e molto altro.
La sua rivista preferita era Focus e, quando è diventata un programma televisivo, non ne ha persa una puntata. Era anche un severo critico gastronomico che, con un coraggio napoleonico, aveva sempre qualcosa da ridire sui piatti che cucinava sua moglie Renata, anche se questi erano di una bontà unica, che non sono mai più riuscita a trovare neppure nei migliori ristoranti. Per quanto mi inspiri a lei quando cucino, non arriverò mai ai sui livelli di squisitezza. Ho parlato di critico gastronomico senza il suffisso “eno”perché il vino che lui acquistava era quello nel tetrapak, ma per fortuna c’era il cibo a compensare il tutto. Mauro, in un piccolo appezzamento di terra sotto la finestra della mia camera da letto aveva un piccolo orto…Ricordo perfettamente l’odorino che mi entrava in casa quando concimava….
Durante l’estate, oltre a varie tipologie di pomodori, coltivava il basilico e almeno tre volte alla settimana facevamo il pesto alla genovese. Purtroppo, se adesso voglio fare questa salsa a crudo devo acquistare il basilico al supermercato perché ancora sto resistendo alla tentazione del barattolino già pronto. Proprio l’altra sera mentre lo preparavo come ricetta originale comanda, mi sono venuti a mente questi ricordi, ma anche la voglia di un giro nella terra di provenienza del pesto.
Dopo aver vinto le proteste di mio marito per averlo svegliato di buon’ora in un giorno festivo, ci dirigiamo verso la nostra prima tappa, la degustazione alla “Cantina Cinque Terre” a Groppo, piccolissima frazione di Vernazza. Tra more, corbezzoli e mirto mi colpiscono le vigne piantate nelle terrazze costruite con muretti a secco e terra riportata, la cosiddetta viticultura eroica… una fatica immane, altro che le nostre vigne pianocollinari della Toscana!
Alla Cantina, che di fatto è una Cooperativa di duecento soci coltivatori che conferiscono le loro uve in questa struttura costruita con lo stesso materiale impiegato per il terrazzamento delle vigne, ci accoglie una ragazza molto gentile e competente che ci prepara in estemporanea per la degustazione un assaggio di crostini al pesto buonissimi… Iniziamo con un “Cinque terre Bianco DOC di un piacevole colore giallo paglierino luminoso dai riflessi verdolini che sa di fiori bianchi come tiglio, agrumi e melone, ma il suo gusto secco mi ricorda anche il salmastro.
Passiamo al “Pergole Sparse“ che, pur con lo stesso uvaggio del precedente si percepisce più intenso, con profumi e sapori di albicocca, nespola, ma anche uva passa e miele. Per il Sommelier: un bel vino equilibrato e persistente… per Alessandra: buono! Merito anche di questo territorio che regala al vino sapori che parlano di sole di vento d’estate e di erbe aromatiche.
Non poteva mancare, accompagnato dal pandolce genovese, lo Sciacchetrà. Un amore a prima vista, a primo olfatto ed a primo gusto. Per preparare questa delizia vengono selezionate le migliori uve bianche di Bosco Albarola e Vermentino che vengono lasciate ad essiccare per due mesi su graticci al riparo dal sole. Grazie alla gentilezza della nostra guida abbiamo potuto ammirare gli essiccatoi della Cantina. Molti piccoli produttori conservano gelosamente le bottiglie di questo nettare per le grandi occasioni, non a caso il nome Sciacchetrà ha il significato di “mettere da parte”.
Dovendo attendere l’ora di pranzo siamo scesi a Manarola, paesino costruito su una roccia alta 70 metri con case variopinte che si affacciano sul mare e non potevano non imbarcarci sul “trenino” per arrivare almeno a Riomaggiore, il paese più a sud delle Cinque Terre, un borgo che con le sue case torri colorate sembra quasi una cartolina.
Volevamo romanticamente tornare a riprendere l’auto a Manarola percorrendo a piedi la “via dell’Amore” ma… per fortuna è chiusa dal 2012 e molto probabilmente riaprirà nel 2024.
Nonostante ciò, abbiamo fatto la nostra piccola maratona in salita per recuperare l’auto e finalmente siamo andati a pranzo alla Locanda Tiabuscion a Volastra.
Il locale si è rivelato una piacevole sorpresa con personale simpatico ed un menù di pesce fresco veramente buono. Abbiamo preso una degustazione di antipasti cotti e crudi e spaghetti fatti in casa conditi con aglio, olio, peperoncino, scampi crudi e burrata accompagnati da un ottimo “Costa de Posa” (Costa di Ponente), un bianco prodotto con uve Bosco, Albarola e Vermentino provenienti appunto dalla zona esposta a sud-ovest nei pressi di Volastra. Ha un bel colore giallo paglierino intenso con riflessi dorati, all’olfatto si percepiscono miele di acacia, ginestra e… gli odori del mare della Liguria…il cibo ed il vino si sono esaltati a vicenda.
Ben rifocillati abbiamo deciso di proseguire il nostro viaggio fino a Monterosso, il paese più grande del comprensorio… e quello dove ho visto la casa dei miei sogni: piccola, affacciata sul porticciolo, vicinissima alla spiaggia…ripasso dopo aver vinto al superenalotto.
Visto che mio marito mi trascina quotidianamente a camminare avevamo pensato di tornare a Monterosso a fine marzo per la Sciacchetrail, ma visti i 47 Km da percorrere attraverso i sentieri delle Cinque Terre, mi sono già stancata solo al pensiero.
Ad ogni viaggio che facciamo riprendere la strada di casa non è mai facile e forse questa volta lo è stato ancora meno perché avrei voluto continuare ancora a sentire quell’aroma dolce ma anche salmastroso e quel profumo di mare e di limoni che mi hanno regalato le Cinque Terre.