La passione per il vino è fatta anche di curiosità, ricerca, scoperta. Uno dei miei recenti acquisti è un Orange Wine. Si tratta di un vino prodotto con uve bianche che hanno un prolungato contatto con le bucce… in pratica un vino bianco vinificato come i vini rossi.
Appena ho visto questa bottiglia nell’enoteca della cantina della Fattoria del Teso mi è subito venuto in mente il vino che produceva il mio babbo, anche se quello aveva sì il colore arancione, ma alla voce trasparenza sulla scheda di degustazione avrei dovuto scrivere “impenetrabile”, ed al naso… sentori di uova marce; ma per tutto questo c’è una fantastica ed affettuosa spiegazione.
Il mio babbo nasce contadino, cosa della quale è andato fiero per tutta la vita, tant’è vero che appena le trasferte di lavoro ed i risparmi glielo hanno consentito, ha acquistato un ettaro di terra quasi totalmente coltivato a vigna. La maggior parte delle viti erano di Trebbiano Toscano e Colombana, una delle uve più dolci che abbia mai assaggiato. Babbo Carlo era molto fiero della sua vigna che… visivamente parlando era perfetta. Mi aveva insegnato a legare i tralci, e questo per me ragazzina di dodici anni era una cosa noiosa, ma venivo ripagata dal fatto che passare del tempo con lui era una cosa straordinaria. Non usava alcun tipo di pesticida, perciò sulle foglie e poi in seguito sugli acini, era possibile fare un censimento di tutti i parassiti e muffe possibili ed immaginabili. Che bellezza!!! visto che tutto quello che è sulla buccia va a finire nel vino…..
La vendemmia durava due o tre giorni ed erano giorni di felicità. Carlo scorrazzava avanti e indietro con il suo trattorino con uno sguardo estasiato. Quando tutta l’uva era stata raccolta, veniva allestita la diraspatrice o, come la chiamava lui… la gramola, dopo di che il mosto andava a finire dentro a delle botti in cemento che Babbo si ostinava a dire che erano le migliori (parte dei raspi veniva data in pasto alle galline che rimanevano “stonate” per tre giorni).
La pulizia fatta a questi contenitori era molto sommaria; quindi, ad accogliere questo vino c’era una colonia di batteri grandi come palline da tennis.
Di solfitazione non se ne parlava. “Bimba”, mi diceva: “il vino i solfiti se li fa da se”. Quando arrivava il momento di svinare l’analisi organolettica veniva fatta tramite svariati e ripetuti assaggi.
Voglio pensare al mio babbo come colui che ha inventato il biologico ed il biodinamico, ed anche se il suo vino era assolutamente imbevibile, i momenti trascorsi insieme erano meravigliosi.
Lasciando da parte il momento nostalgia e tornando al presente, mentre degustavo l’Orange wine alla Fattoria del Teso, pensavo a che cosa avrei mangiato volentieri bevendo quel vino…Anche perché erano le 11.30 ed io dopo, un’ora che ho fatto colazione ho già fame.
Mi è venuto in mente il pollo al curry accompagnato dal riso basmati e spero, quando lo farò, di indovinare la cottura di quei profumati chicchi che rappresentano per me una spina nel fianco… sempre un po’ troppo crudi o troppo cotti.
Visto che non vedo l’ora di aprire la mia nuova bottiglia, per la cena del giorno dopo procedo come da programma. Inizio tagliando il petto di pollo a tocchetti e lo metto a marinare in un amalgama di yogurth greco, due cucchiaini di curry, il succo di mezzo limone, sale e pepe. Lo copro con una pellicola e via in frigo per mezz’ora (se ci sta anche di più non succede nulla, anzi prenderà più sapore). Ora tocca al riso basmati, mi faccio il segno della croce come i calciatori prima della partita e scendo in campo.
Riempio una tazza di riso e lo lavo almeno cinque volte nell’acqua per togliere l’amido. In una casseruola metto a bollire una tazza e mezzo di acqua, la stessa dove avevo messo il riso, così le proporzioni sono giuste. Appena bolle l’acqua aggiungo il sale ed a seguire il riso e tappo con un coperchio.
Dato che la cottura avviene per assorbimento, il coperchio non va mai alzato; quindi consiglio di tenere con la mano sinistra un mestolo di legno per picchiarlo duramente sulla propria destra se non si resiste a guardare come procede la cottura, che deve essere all’incirca dieci minuti.
A cottura terminata si spenge il fuoco e, sempre a coperchio chiuso, si lascia “riposare il riso” per altri dieci minuti. Se tutto procede per il meglio, il riso è cotto e possiamo sgranarlo con una forchetta. Anche questa volta la consistenza dei chicchi non mi soddisfa, sempre troppo morbida quindi ridurrò i minuti sul fuoco da 10 a 8. Io in cucina non mi arrendo mai….
Adagio ora il pollo in una padella dove ho messo un aglio a fare insaporire l’olio ed aggiungo la marinatura. Dieci quindici minuti di cottura ed è tutto pronto.
Il “vino arancione” si rivela subito un’ottima scelta da abbinare a questo piatto. Bellissimo il colore arancio con riflessi oro, ottenuto dal contatto con le bucce di Vermentino. Al naso frutta candita, albicocca, frutta secca, agrumi e miele. Una freschezza veramente piacevole. Sono molto contenta di aver creato un’armonia tra gli odori ed i sapori del piatto e quelli del vino e… vedere la faccia soddisfatta di mio marito non ha prezzo. D’altra parte, ogni tanto devo pure trovare un modo per ripagare il mio assistente informatico!