Mi piace coltivare i ricordi e coglierli senza sprecare nemmeno un attimo vissuto, assaporandone ogni sfaccettatura. Questa cosa mi da molta serenità, anche se talvolta accompagnata da una malinconica nostalgia e mi consente di non farmi influenzare più di tanto dai ritmi veloci del presente.
Coltivando i ricordi, riesco anche nell’intento di tenere sempre viva la memoria delle persone care che ci hanno lasciato, come se fossero sempre presenti.
Ritengo inoltre che i ricordi vadano condivisi con gli altri e questo innanzitutto ci fa sentire meno soli ed inoltre ci da l’energia per il presente ed il futuro, perché i ricordi testimoniano, oggi che siamo cresciuti, che abbiamo sperimentato ed appreso e tutto questo consolida le nostre radici.
Spesso mi capita di ricordare una cosa e questa, come una sorta di reazione a catena, me ne fa tornare in mente un’altra, tutto questo senza poter dare un’interpretazione logica. Perciò, in vista di un pranzo rigorosamente invernale, sul filo dei ricordi, pensando alle zuppe di mia nonna, mi è venuta in mente la nostra prima televisione.
I programmi erano rigorosamente in bianco e nero e non venivano trasmessi ininterrottamente come oggi, ma iniziavano nel pomeriggio con la TV dei ragazzi fino al Tg e Carosello.
Altro non so perché, come da copione generazionale, dopo mi mandavano a letto.
La cosa meravigliosa di quei tempi era che la pubblicità era trasmessa solo una volta nella giornata, a Carosello, che andava in onda praticamente subito dopo cena e che, anche se durava dieci minuti, conteneva degli spot pubblicitari che erano veri capolavori. Come non ricordare Jo Condor realizzato per la Ferrero, oppure Calimero testimonial del detersivo Ava oppure Carmencita e Caballero, testimonials del caffè Paulista. A distanza di tanti anni sono attualissimi.
Ricordo anche che in casa nostra si riunivano molti dei nostri vicini, che non avevano ancora la televisione, per vedere l’Odissea e, dato che a quell’epoca avevo circa 8 anni, mi veniva concesso, anche se si sforava l’orario, di vedere un po’ di quella serie. Ogni puntata era preceduta da un’introduzione durante la quale il poeta Giuseppe Ungaretti leggeva alcuni versi del poema.
Lo faceva però con una voce gutturale e con delle espressioni che mi terrorizzavano: quando pronunciava il nome di Ulisssssse, con quelle ventitré esse andavo a cercare riparo e protezione tra le braccia del mio nonno. Tornando al ricordo dei piatti che realizzava mia nonna nella stagione fredda, faccio una selezione di quelli che potrebbero servirmi: zuppa lombarda, ribollita, spezzatino con patate, castagnaccio. Ora ci sarebbe da chiedersi come mai mia nonna, nata e cresciuta in Toscana e mai mossa da lì, facesse la zuppa Lombarda a base di pane e fagioli. La spiegazione me la fornì mio nonno raccontandomi che chiamavano Lombardi tutti coloro che venivano al di là degli Appennini e che facevano gli operai stagionali in Toscana per il taglio della legna, per la raccolta di castagne o per la costruzione di tratti di ferrovia. A metà giornata, quando tutti facevano una pausa per mangiare, il piatto forte era costituito da fagioli lessati con la cotenna o lardo e pane fatto in casa arrostito. Nella sua versione “moderna” nonna Marina, oltre ai fagioli messi sul pane arrostito e bagnato con il brodo, aggiungeva olio d’oliva e pepe. Avrei dovuto mettere tra le pietanze da scegliere anche la zuppa di chiocciole… ma questa non l’ho mai potuta replicare per mancanza di materia prima. Mio nonno, nelle giornate dopo che era piovuto, ne trovava a quintali e con lui le mettevamo sotto delle cassette di legno, dove non potevano scappare ma poteva entrare l’aria e, per tre o quattro giorni le facevamo “spurgare” con la nepitella, un’erba che per le chiocciole serviva un poi come a noi la purga per la preparazione alla colonscopia.
Devo dire che negli anni ho cercato di cucinare i piatti della mia nonna basandomi sul ricordo che avevo degli ingredienti sbirciati, degli aromi delle consistenze e dei sapori perché era impossibile entrare in cucina quando lei lavorava, se ci provavi ti si rigirava come un rottweiler da combattimento dopo una settimana di mancanza di cibo (devo dire però che questa cosa l’ho ereditata da lei insieme all’asma) e poi elaborava tutte le sue pietanze a occhio senza pesare nulla; ma quello che ne veniva fuori era degno della Stella Cometa Michelin. Una riflessione anche sulla sua Ribollita dove non mancavano mai fagioli cannellini, cavolo nero e verza. La faceva nascere come zuppa di pane che mangiavamo il primo giorno poi, dato che si teneva il brodo di fagioli la ribolliva , bisribolliva e trisribolliva e tutte le volte la zuppa acquistava sapore. Tornando al mio menù ho deciso che farò lo spezzatino con patate ed il castagnaccio.
Come prima cosa mando il collaboratore domestico dal Quaglierini a prendere la carne ed appena ritorna mi informa che l’amico gli ha detto che da qualche settima si presentano altri mariti con biglietti fatti dalle mogli molto dettagliati, questa volta sono io che sorrido…..
Innanzitutto preparo un brodo di verdure che mi aiuterà nella cottura della carne, poi un battuto di carote, sedano e cipolla, aiutandomi con un reperto storico: la mezzaluna. In un tegame aggiungo olio extravergine di oliva, rosolo per un minuto e ci adagio i bocconcini di carne infarinati e scossi.
Li lascio cuocere tre minuti a fiamma alta, bagno con il vino bianco, lascio sfumare e aggiungo due o tre pelati per dare un po’ di colore anche perché ci sono degli ingredienti che proprio non riesco ad adoperare e sono il concentrato di pomodoro ed il dado. Infine aggiungo un paio di mestoli di brodo caldo, sistemo il sale, abbasso la fiamma e lascio cuocere per un’ora e mezza girando ogni tanto. A questo punto aggiungo le patate a tocchetti e faccio andare ancora per tre quarti d’ora, girando pochissimo per non romperle.
Per il castagnaccio la prima cosa che faccio è cogliere un po’ di rosmarino in giardino, dato che la leggenda narra che gli aghi usati nel castagnaccio fungessero da filtro d’amore. L’uomo che avesse mangiato il dolce con rosmarino offertogli da una donna, si sarebbe innamorato di lei. Ora, il mio tecnico del computer lo è già… faccio per dare una rinfrescatina al sentimento. Preparo poi i pinoli e le noci che aggiungo a trecento grammi di farina di castagne tre bicchieri di acqua, un pizzico di sale e 6 cucchiai di olio extravergine di oliva. Mescolo tutto e lo verso in una teglia che ho preventivamente oliato. A questo punto inforno a 200 gradi per un’ora facendo uno sforzo di memoria perché il forno va preriscaldato…… Manca l’uvetta, ne sono consapevole, ma a me proprio non piace: sono del partito del Pandoro!
A questi piatti non potevo che abbinare un Nobile di Montepulciano Fattoria del Cerro 2019. Si tratta di un sangiovese in purezza di un bel colore rosso rubino, al naso profuma di noce moscata, chinotto, ciliegia, prugna, alloro, ed erbe officinali. In bocca il sapore è equilibrato, elegante, sapido, con tannini morbidi. Per il Sommelier: equilibrato. Per Alessandra Buono! Questo vino si addice benissimo sia allo spezzatino con le patate che al castagnaccio perché completa un menù semplice, alla portata di tutti, buono, ricco di emozioni. Tra l’altro il rapporto qualità/prezzo di questo rosso è veramente \ottimo.
Ho preparato questi piatti in una giornata d’inverno per Aurora, la brava Infermiera che collabora con mio marito, che li ha veramente graditi ed ho provato la stessa soddisfazione di mia nonna che, quando ci alzavamo da tavola voleva vedere i piatti ripuliti. Tra l’altro, visto che è giovane ed esperta, ho colto l’occasione al volo e le ho fatto fare le foto di questo articolo.
Questa cosa mi ha dato gioia, mi ha fatto fare un tuffo nel mare dei ricordi e mi è tornata in mente una canzone dei Queen. “These Are the Days of Our Lives” dove Freddi Mercury canta: “A volte ho la sensazione di essere tornato come ai vecchi tempi, molto tempo fa, quando eravamo ragazzi, quando eravamo giovani, tutto sembrava così perfetto, i giorni erano senza fine, eravamo pazzi, eravamo giovani, il sole splendeva sempre..”